Rete e privacy, torna HackIT a Roma

di Fabrizio Castagnotto

Per il tredicesimo anno, si tiene a partire da oggi il consueto raduno italiano di esperti di computer e rete.

Una tre giorni, dal 2 al 4 luglio 2010, presso il centro sociale La Torre, a Roma, per discutere, confrontarsi e mettere in pratica un uso consapevole della tecnologia.

Di seguito la descrizione tratta dal sito ufficiale dell’evento (HackMeeting Italia).

“Combatti il controllo”. E’ questo il tema sul quale si apre a Roma la tredicesima edizione dell’hackmeeting, l’incontro annuale degli hacker, che si terrà da oggi fino al 4 luglio nel centro sociale La Torre, alla periferia della capitale.

Hackmeeting è un incontro di culture, che vedono al centro l’etica hacker della riappropriazione dei saperi. Tre giorni di incontri e seminari per lanciare l’allarme: “Telecamere, carte magnetiche, telefonini e social network – denunciano gli hacker – monitorano ogni aspetto della nostra vita e la registrano. Spostamenti, consumi, abitudini, conversazioni: tutto viene osservato, indicizzato, catalogato. I grandi fratelli sono tanti, sono ovunque e hanno mille facce“.

Due mesi fa, ricordano i tecno-attivisti, è stata inaugurata la “sala sistema Roma”, una grande centrale che mette in rete tutte le telecamere della capitale, oltre 5mila, che è in grado di esaminare automaticamente il contenuto di migliaia di immagini al minuto, e persino di ricevere in diretta quelle degli impianti di video sorveglianza montati sugli autobus. Insomma una struttura sostanzialmente in grado di seguire con i suoi mille occhi uncittadino lungo un intero percorso da un punto qualsiasi della città fino al capo opposto.

E uno spazio di vita controllato è solo tipico delle aree di prigionia o di guerra, una cittadinanza sotto controllo perde la coscienza del proprio diritto alla privacy, e con esso della propria dignità e dei propri diritti in generale.  Viene creata una generazione incapace di rivendicare i propri diritti perchè non sa di averne.

E se si aggiungono nuovi strumenti di controllo, altri sono ormai consolidati: le transazioni effettuate con bancomat e carte di credito restituiscono un profilo delle attività di ciascuno, le carte magnetiche dei supermercati il dettaglio delle abitudini e dei gusti personali. Mentre il cellulare traccia ogni nostro spostamento e il provider internet registra ogni email e ogni sito visitato, annotando tempi e quantità.

Ma tutto questo – insistono gli hacker – ancora non basta: siamo noi stessi a offrire spontaneamente tutti quei dati che il grande fratello da solo non riesce ancora a carpire: pubblichiamo spensieratamente le nostre foto su internet e mettiamo a disposizione il contenuto delle nostre email in cambio di una pubblicità mirata e meno fastidiosa, e offriamo persino la mappa completa delle nostre relazioni personali, indicando amicizie, conoscenze, affetti“.

“Le tecnologie – spiega Deckard, uno dei partecipanti all’hackmeeting, che ha scelto un nickname di fantasia tratto da un racconto dello scrittore americano Philip Dick – rappresentano strumenti di controllo che un po’ alla volta permettono, in modo sempre più efficace, di catalogare e monitorare ogni aspetto della vita quotidiana. Allo stesso tempo però sono anche un grande strumento di resistenza. Basta studiare un po’ come funziona tutto questo per individuare sistemi concreti per sottrarsi al controllo: per esempio evitare le carte sconti nei supermercati e criptare la posta elettronica con alcuni programmi disponibili in rete”.

“Non solo – prosegue – ma la tecnologia si può usare anche per rovesciare i mezzi e i modi della produzione, ridando valore allacollaborazione, al bene collettivo e alla condivisione. Così è nato il software libero, che ha dimostrato che si possono scrivere programmi e sistemi operativi migliori e più efficienti di quelli prodotti dalle grandi multinazionali semplicemente dando valore alle persone invece che ai soldi”.

“Per discutere di tutto questo – continua – ogni anno organizziamo l’hackmeeting. Per noi essere hacker non ha strettamente a che fare con i computer. E’ più un’attitudine alla curiosità, alla sperimentazione, una voglia di essere consapevoli e disposti a condividere le proprie scoperte con gli altri. Un impulso a intervenire sulla realtà che ci circonda per migliorarla, per renderla più umana, più vicina ai bisogni veri delle persone”.

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