TIM, il punto della situazione

di Paolo Del Re

IL COMMENTO – Nel panorama italiano della telefonia mobile, TIM è senza dubbio l’operatore che sta facendo discutere di più. Proprio pochi giorni fa Fabrizio Bona, da più di un anno alla guida della divisione consumer di TIM, è stato sollevato dal suo incarico per volere di Franco Bernabè. Non sembra essere un caso il fatto che il licenziamento arriva subito dopo il rendiconto dei primi nove mesi del 2010 del gruppo Telecom, in cui si evince come TIM, con ricavi inferiori del 10% rispetto allo stesso periodo del 2009, sia un po’ la palla al piede dell’intero gruppo, che invece nel complesso è cresciuta del 57%.

L’amministratore delegato di Telecom minimizza la questione dicendo:

“I ricavi non sono più quelli di un tempo. Abbiamo dovuto creare delle tariffe trasparenti e competitive. I prezzi del mobile sono scesi del 25% rispetto a un anno fa. La generazione di cassa però è rimasta stabile perché siamo riusciti a ridurre i costi di 1,2 mld trasferendo questi risparmi ai consumatori. I nostri clienti consumano molto più traffico ma pagano meno.”

Dunque ufficialmente Bona non è stato mandato via a causa degli scarsi ricavi, ma Bernabè sembra accusarlo di una scarsa capacità di “fare squadra” e infine glissa dicendo:

“L’azienda deve formare una squadra e fare tutto quello che è necessario perche’ un gruppo di dirigenti coeso persegua con coerenza e determinazione le strategie. Non cambiamo le strategie di riposizionamento commerciale che abbiamo intrapreso. E comunque nei primi 3 anni di Eni ho cambiato circa 300 dirigenti.”

L’impressione generale della realtà è comunque diversa. Se è pur vero che il prezzo medio al pubblico della telefonia mobile è in calo costante, è altrettanto vero che le altre compagnie – Wind in testa – riescono ad avere risultati accettabili.

TIM, da ex-monopolista con una base clienti e una rete infrastrutturale superiore alla concorrenza, è andata avanti per anni “vivendo di rendita” e senza preoccuparsi di proporre delle tariffe convenienti, almeno fino alla metà del 2009. TIM più di tutti ha rimodulato le proprie tariffe e opzioni, creando malumori nella clientela e creandosi la reputazione di gestore inaffidabile (sai quanto paghi oggi ma domani chissà). Nel frattempo gli altri operatori hanno avuto il tempo di potenziarsi tecnologicamente e allargare la propria base clienti con offerte competitive – grazie anche alla facilità con cui è diventato possibile fare MNP – accogliendo i profughi di Telecom. Quando l’ex-monopolista ha cominciato a rendersene conto, ormai il Vaso di Pandora era scoperchiato. Assumendo Bona e sfornando tariffe e opzioni low-cost a raffica ha cercato di invertire rapidamente la tendenza, ma un’impresa del genere richiede tempo e costanza, non stravolgimenti continui.

Ricordo alcuni miei amici dire “Wind mai più” o “Vodafone mai più” quando si sono visti rimodulare la propria tariffa, ma nella maggior parte dei casi non hanno mai mantenuto la promessa, lasciandosi tentare da nuove promozioni. Altri amici con TIM invece si sono comportati in maniera differente. Rimodulati una o due volte continuavano a resistere difendendo il gestore: “Eh, ma TIM prende meglio e sono disposto a pagare un po’ di più, di certo non cambio per qualche centesimo al minuto di differenza, ormai sono cliente da 15 anni“. Rimodulati la terza o quarta volta hanno cambiato gestore, e questi sì che adesso non tornano in TIM nemmeno pagati.

Il problema è forse che TIM, dall’alto della sua (ex) posizione dominante, non è mai riuscita a ragionare come operatore di un mercato concorrenziale. Tutte le volte che ha cercato di recuperare i clienti perduti ha “copiato” le offerte commerciali degli altri, prima da Vodafone e ultimamente da Wind. Ma soprattutto ancora oggi non fa nulla per rimediare alla sua reputazione di gestore inaffidabile. Paradossalmente anche  da quando sono state proposte delle tariffe competitive, ha trovato il modo di lasciare l’amaro in bocca al cliente.

Prendiamo l’esempio delle tariffe Limited Edition. Che senso ha offrire una TIM 10 LE (fotocopia di Wind 10) attivabile solo su nuova SIM, per poi dismetterla e sostituirla con una TIM 8 LE, a sua volta poi dismessa e sostituita da una TIM 6 LE? Anche il cliente alla ricerca dell’offerta più conveniente del mercato si sente preso in giro dallo stesso operatore che gli permette di risparmiare, costretto a “triangolare” (MNP verso altro gestore e poi di nuovo MNP verso TIM) una o due volte per passare da TIM 10 a TIM 8 e poi da TIM 8 a TIM 6. Col rischio poi che vengano rimodulate tutte.

E le stesse tariffe convenienti con cui si vuole recuperare clienti,  poi non vengono pubblicizzate. A cosa serve scontare il canone della Tutto Compreso Ricaricabile del 50% (che al netto del raddoppio ricariche ti consente di pagare la metà della metà) se poi queste cose non si dicono al pubblico? A che serve commercializzare la TIM 6 Limited Edition se non compare nemmeno sul sito ufficiale, e in TV si continuano a pubblicizzare sempre e solo le chiavette internet?

Tra l’altro gli spot di TIM meritano un discorso a parte. Tutti gli altri operatori hanno abbandonato da tempo la strategia della “supermodella di turno”, preferendo uno stile più semplice e divertente (a volte popolar-demenziale) che martella incessantemente sulle caratteristiche e la convenienza del prodotto pubblicizzato (uncentesimouncentesimouncentesimo…). Lo spettatore delle pubblicità TIM si può dividere invece in due categorie: il “maschio” che guarda le forme di Belen e poi non si ricorda nemmeno di quale promozione trattasse lo spot, e la “femmina” risentita che non è disposta a pagare un euro che possa contribuire allo stipendio della modella argentina.

“I ricavi non sono piu’ quelli di un tempo. Abbiamo dovuto creare delle tariffe trasparenti e competitive. I prezzi del mobile sono scesi del 25% rispetto a un anno fa. La generazione di cassa pero’ e’ rimasta stabile perche’ siamo riusciti a ridurre i costi di 1,2 mld trasferendo questi risparmi ai consumatori. I nostri clienti consumano molto piu’ traffico ma pagano meno”

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