In un contesto economico e tecnologico in rapida evoluzione, la capacità di un Paese di modernizzare il proprio quadro normativo diventa un fattore critico per la competitività. È questo il messaggio centrale emerso dall’intervento di Roberto Basso, Direttore Relazioni Esterne e Sostenibilità di WINDTRE, durante la prima edizione dell’URANIA POLICY & BUSINESS FORUM. Tenutosi a Roma, l’evento si è configurato come un “osservatorio privilegiato per imprese e istituzioni sui temi strategici che definiscono l’agenda italiana ed europea”, fornendo un palcoscenico di alto profilo per un appello diretto al legislatore.
Al centro della dichiarazione di Basso vi è una visione strategica chiara: l’avvento del mercato multiservizi. «La legge annuale per la concorrenza è un’opportunità unica per aggiornare le regole che consentono di far funzionare bene il nascente mercato multiservizi», ha affermato, delineando un futuro in cui i consumatori potranno beneficiare di una logica “one-stop-shop”. In questo scenario, un operatore di telecomunicazioni di fiducia diventa un unico punto di accesso non solo per la connettività, ma anche per servizi essenziali come gas, luce e assicurazioni. Tuttavia, questa trasformazione, potenzialmente vantaggiosa per i consumatori, si scontra con ostacoli normativi che, secondo l’analisi di WINDTRE, sottraggono preziose risorse agli investimenti nelle infrastrutture digitali del futuro.
Il DDL Concorrenza: un veicolo per la modernizzazione
La scelta di sollevare la questione nel contesto della discussione sulla Legge annuale per la concorrenza non è casuale. Questo strumento legislativo è concepito proprio per rimuovere le barriere normative che ostacolano la competitività e l’innovazione, spesso recependo le segnalazioni dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). La sua importanza è ulteriormente amplificata dal suo ruolo all’interno della legge annuale per il mercato e la concorrenza, che identifica esplicitamente l’adozione di queste leggi come una delle riforme abilitanti cruciali per la modernizzazione economica del Paese.
Le precedenti leggi sulla concorrenza hanno già toccato temi strategici per il settore, come lo “sviluppo delle reti di telecomunicazione”, creando un precedente che legittima la richiesta di un nuovo intervento. L’intervento di Basso si inserisce in un dibattito più ampio, dove il settore delle telecomunicazioni è stato identificato a livello europeo come uno dei tre mercati strategici — insieme a energia e servizi — in cui il Mercato Unico rimane “incompleto”. L’azione di WINDTRE rappresenta quindi una mossa strategica che collega una questione tecnica a obiettivi di interesse nazionale, trasformando una richiesta settoriale in una proposta per il “bene del sistema-Paese”.
Il cuore del problema: l’anomalia sulle commissioni di pagamento
Il fulcro dell’argomentazione di Basso riguarda una specifica anomalia normativa che affligge unicamente il settore delle telecomunicazioni. «Ne è un esempio il divieto di esporre le commissioni sui pagamenti, una prassi diffusa dalle tasse alle multe a servizi pubblici come gli asili nido ma vietata nelle telecomunicazioni», ha dichiarato.
Per comprendere appieno la portata di questa richiesta, è fondamentale distinguere due concetti spesso confusi:
- Imporre un sovrapprezzo (Surcharging): Questa pratica è espressamente e giustamente vietata dalla normativa italiana ed europea. L’articolo 62 del Codice del Consumo e la normativa UE sui pagamenti stabiliscono chiaramente che i professionisti non possono imporre ai consumatori spese aggiuntive per l’uso di specifici strumenti di pagamento, come carte di credito o wallet elettronici. L’AGCM vigila attentamente su questo divieto e sanziona le violazioni.
- Esporre un costo (Trasparenza): La richiesta di WINDTRE si concentra su questo secondo aspetto. L’azienda non chiede di poter applicare un sovrapprezzo, ma di poter mostrare in modo trasparente al cliente finale il costo che l’operatore stesso sostiene per ogni diversa modalità di transazione.
Secondo Basso, il divieto di questa forma di trasparenza per le sole telco costituisce un «retaggio burocratico che oggi non ha alcun senso pratico». La richiesta di poter “esporre” i costi non è finalizzata a generare ricavi extra, ma a ottimizzare i costi operativi. Se un operatore potesse mostrare che una transazione con carta di credito comporta per l’azienda un costo di, ad esempio, 0,50 euro, mentre un addebito diretto SEPA ha un costo di pochi centesimi, il consumatore sarebbe naturalmente incentivato a scegliere il metodo di pagamento più efficiente, senza subire alcun addebito aggiuntivo. In un mercato a bassi margini come quello delle telecomunicazioni, il risparmio su milioni di transazioni si traduce in un significativo recupero di risorse.
Dalle commissioni alla connettività del futuro
Il collegamento tra questo “retaggio burocratico” e il futuro digitale del Paese è diretto. Come sottolineato da Basso, «si tratta di risorse sottratte agli investimenti necessari per diffondere la fibra ottica e il 5G a tutte le famiglie e le imprese». Sebbene le singole commissioni di pagamento possano sembrare irrisorie, il loro impatto aggregato su una base clienti di milioni di utenti rappresenta un onere finanziario considerevole. Queste somme, invece di essere destinate a coprire i costi di transazione, potrebbero essere reinvestite nello sviluppo delle reti di nuova generazione.
Gli investimenti in fibra ottica FTTH e 5G sono pilastri fondamentali della transizione digitale italiana. Sono le tecnologie abilitanti che supportano non solo un’esperienza di navigazione superiore per i cittadini, ma anche l’evoluzione di settori strategici come l’industria 4.0, la telemedicina, lo smart working e l’Internet of Things. Liberare risorse, anche quelle derivanti da una maggiore efficienza nei sistemi di pagamento, contribuisce direttamente a questo sforzo nazionale.
Un test per la semplificazione e la competitività
In conclusione, l’appello lanciato da Roberto Basso va oltre la singola questione tecnica. La richiesta di rivedere una norma percepita come anacronistica e penalizzante diventa un banco di prova per la capacità del sistema-Paese di creare un ambiente normativo agile e coerente. La Legge annuale per la concorrenza è vista come l’«unica opportunità per intervenire e cancellare questo retaggio burocratico».
La sfida per il legislatore sarà quella di bilanciare la sacrosanta tutela del consumatore, che non deve subire costi aggiuntivi, con la necessità di promuovere la trasparenza e l’efficienza operativa per le imprese. Affrontare nodi come quello delle commissioni sui pagamenti sarà un indicatore della reale volontà di sostenere l’innovazione, favorire la convergenza verso nuovi modelli di business e, in ultima analisi, accelerare gli investimenti nelle infrastrutture digitali che determineranno la competitività dell’Italia nei prossimi decenni.